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FRAMMENTI DI MEMORIE NATALIZIE AMALFITANE

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Mo' vene Natale – gli zampognari.

Tìtyre tu patulàe, con questo incipit della I ecloga delle Bucoliche Virgilio vuol far sentire il suono della zampogna agreste. Così i suoi pastori-poeti amavano cantare i loro amori e le vicissitudini della vita quotidiana. Altri pastori, molti secoli dopo, diventavano cantori, con zampogna e ciaramella, scendendo da Agerola, Tramonti e Scala per onorare quel Puer che stava per nascere in una mangiatoia, destinato a proclamare non il ritorno dell'età dell'oro, bensì l'avvento della buona novella.
Agli inizi degli anni '60 del secolo appena trascorso altri zampognari venivano ogni anno da Polla nel Cilento ad Amalfi, per allietare, con i loro suoni, le case, gli alberghi, i locali pubblici degli amalfitani, al cospetto di artistici presepi, ricevendo l'obolo. Mio padre amava ospitarli ogni sera a casa sua, per cenare con loro davanti alla TV in bianco e nero, che trasmetteva “Campanile Sera”. Alla loro partenza li ricompensava ulteriormente con denaro, che essi non volevano accettare, ma non potevano resistere alle insistenze del mio genitore, che era un operaio. L'anno seguente lo obbligavano ad accettare i prodotti della loro terra, soprattutto olio, salumi e formaggi.

Quanno nascette Ninno – il presepe.

Il melodioso canto che S. Alfonso Maria de' Liguori scrisse nella celebre grotta di Scala nel 1732 crea l'atmosfera natalizia in prossimità della realizzazione dei presepi. Ma la tradizione nel territorio amalfitano è ben più antica. Essa è testimoniata dai presepi affrescati nel 1110 nella cappella mediana del monastero di culto orientale di S. Maria de Olearia a Maiori e verso il 1199 nella cripta di S. Nicola della chiesa di S. Maria Annunziata di Minuta (Scala). In ambedue gli episodi sono ben visibili la grotta con la mangiatoia e la scena della Natività. Su di un lato appare l'Angelo che chiama i pastori, tra cui vi è quello “della meraviglia”, che a braccia aperte osserva l'apparizione celeste e la stella ad otto punte; sull'altro lato alcune donne provvedono all'infasciatura del Bambino.
Un presepe fatto di statuette in stucco fu donato dalla nobile famiglia amalfitana d'Alagno nel XIV secolo alla cappella della cripta superiore o cappella del presepe della primitiva cattedrale di Amalfi, poi detta “chiesa del Crocifisso”; di esso non rimane più traccia, ma della sua presenza resta un S. Francesco affrescato sulla parete.
La tradizione continuò tra Sette e Ottocento in varie chiese della Costa: un presepe tra i più suggestivi è di certo quello della Madonna del Carmine di Atrani, i cui pastori, realizzati verso la metà del XIX secolo da artisti di scuola pugliese, raffigurano abitanti della città, ricordati nell'immaginario collettivo con appositi soprannomi. Non mancarono artisti locali: Salvatore Ingenito cuoceva i suoi pastori sui carboni; Matteo Di Lieto, papà della nostra cara signora Lidia, li produceva in ceramica. Quest'ultimo nel 1961 donava una meravigliosa Natività, tuttora posizionata sotto le acque della Grotta dello Smeraldo, dove ogni anno un corteo di subacquei depone il Bambino, quel Bambino che duemila anni or sono lanciava un messaggio rivoluzionario, un messaggio che spezzava agli schiavi le catene e che gridava all'umanità intera “libertà, libertà, libertà!”.

Co' trick track e botte – il Capodanno amalfitano.

Nel corso dell'Ottocento in Costiera Amalfitana fu scritta la “Canzone de lo Capodanno”, che veniva cantata e suonata mediante strumenti artigianali, quali triccaballacche, putipù, dindin, scetavajasse, da appositi gruppi folkloristici, i quali si recavano nei primi conventi e palazzi residenziali trasformati in alberghi.
Allo scorrere degli anni '60 del XX secolo Plinio Amendola, presidente dell'Azienda di Cura Soggiorno e Turismo di Amalfi, organizzò la sfilata delle bande di Capodanno, che venivano giudicate da una giuria popolare. Spesso vinceva la banda di Tramonti, con i suoi caratteristici abiti pastorali; ma ottenevano successo, specialmente per i loro ritmi cadenzati e sonori, i gruppi di Minori, di Amalfi e di Atrani. Quest'ultimo, denominato Lo Stagnariello, ebbe una notevole affermazione internazionale; inoltre la banda di Pogerola nel 1986 sfilò, seguita da un'immensità di tedeschi, per le strade di Bremen.
Al Capodanno è collegato un simpatico aneddoto. Nel 1946 l'ingegnere Ruggero Francese scrisse Il Capodanno dei Lavoratori, per cui si recò presso la tipografia De Luca per stamparlo. Andrea De Luca, “tipografo dell'arcivescovo”, nel mentre apprezzava le spirituali espressioni riferite a Cristo, invitava, comunque, l'autore ad eliminare le strofe che denigravano la Chiesa. Ruggero Francese non accettava, ritenendo che, siccome pagava, poteva scrivere ciò che voleva, assumendosene la responsabilità. Ma De Luca ribatteva che, essendo egli il tipografo ufficiale della Chiesa amalfitana, non poteva farlo. Alla fine mio padre, proto e figlioccio del tipografo, risolse la disputa, convincendo l'ingegnere a togliere le frasi blasfeme e il padrino a pubblicare gratis.

La cena della Vigilia in memoria di Ezio Falcone.

Ezio Falcone era un grande esperto di storia dell'alimentazione, tra gli ideatori della manifestazione “Gusta Minori”. Quante volte abbiamo ascoltato con interesse le sue magistrali conferenze o abbiamo gustato le sue scoperte gastronomiche! Di entrambe non ci resta altro che il più cocente dei ricordi!
Egli, ne sono convinto, ci avrebbe suggerito per l'occasione della Vigilia il seguente menu: insalata di rinforzo - caponata con biscotti di germano, melanzane sott'olio, sottaceti, alici salate – correnti o birboni con salsa rossa di pomodorini o verde di ulive bianche e nere tritate e colatura di alici di Cetara – baccalà e capitoni fritti – susamielli, rococò, mostaccioli tradizionali confezionati con mosto di vino cotto, miele, mandorle, uva passa, frutta candita e spezie, zeppole del pezzente fritte in olio e guarnite di anice e bucce di mandarini.
Non mi resta altro che augurare buon appetito e Santo Natale a tutti i Rotariani!

Giuseppe Gargano